E se ti telefona la tua amica sarda dicendoti Ho l’agnello del pastore, ho le seadas vengo e ceniamo da te, cosa si potrebbe rispondere se non Ok dimmi a che ora.
E dunque prendere le costolette e rosolarle con olio e aglio, sfumare con un pò di birra e poi insaporirle con i vari odori. Servirlo con una insalata di patate, assaggiarlo e scoprire che fino ad ora non avevo mai mangiato un vero agnello, dal gusto così delicato e appetitoso. Io che credevo l’agnello puzzasse di default, mi sono dovuta ricredere in un paio di bocconi.
Per quanto sembri retorica, è innegabile che i cibi autentici, esenti da processi di produzione/conservazione/sofisticazione/porcherievarie hanno un sapore diverso, sorprendente.
Se poi all’agnello seguono le Seadas, quei spettacolari ravioli sardi dolci, ripieni di formaggio, fritti e serviti bollenti con un velo di miele…cosa aggiungere? Non ho neppure scattato una foto. Cioè non è che l’abbia dimenticato, non ci ho proprio pensato.
Non stavo pensando a nulla se non a quanto fosse strepitoso e godurioso ogni singolo morso di Seadas, i miei neuroni convergevano esclusivamente lì. Solo dopo aver spazzolato il piatto ho esclamato “oh e le foto?!” ma chiaramente erano lacrime di coccodrillo.
E l’indomani proseguire sulla scia del genuino a km 0 e fare acquisti al mercato contadino. E siccome non avevo la macchina fotografica lì con me, sono stata costretta a prendere del pane rustico e dei formaggi. Ma solo per fare qualche foto e compensare quelle mancate delle Seadas, senza secondi fini.
Buon appetito, e ogni tanto ricredersi è proprio bello.