Dolcetti da riposto: bocconcini di marzapane variamente aromatizzati (caffè, pistacchio, limone etc). Personalmente non impazzisco per la dolcezza di questo dolce tipico della mia città, ma sono affascinata dalla loro bellezza, li potrei ammirare per ore. E poi mi piace tutto quello che ha una storia, un passato.
In questo caso il nome racconta dell’usanza delle famiglie nobili, un tempo fa, di riporre e conservare questi pregiati dolcetti a base di mandorle, pronti da offrire nelle occasioni. Richiamano alla mente antiche credenze, tende di lino ricamato e finestre con le persiane accostate, silenzi immobili e carichi di attese, una sapienza culinaria di donne ca cunzavano e scunzavano. Una cosa a metà tra il Gattopardo e Dolce&Gabbana, per intenderci, ma più autentica.
Ancora più peculiare è la storia che spiega un altro prodotto delle nostre dolcerie, le Impanatigghie.
Qui il nome tradisce l’impronta degli spagnoli in Sicilia, riallacciandosi alle empanadas iberiche, una sorta di calzone rustico ripieno di carne e verdure. La rosticceria siciliana ha tuttora molteplici varianti di questi rustici, chiamati in dialetto “i’mpanati”.
Ma. Qui si parla di dolci, o no? Di biscotti buonissimi, dal cuore morbido ed umido che sa di cannella, di cacao ed un sentore di mandorle. Squisite. E poi, l’ingrediente segreto segretissimo, i n s o s p e t t a b i l e: la carne. Si sì. La carne! Lavorata finissimamente, tritata ed impregnata degli altri ingredienti, messa lì a dare consistenza e stupire chi assaggia la prima e poi, incredulo, ne divora altre 10.
Una leggenda narra che questo accostamento insolito sia nato dalle mani delle suore che, nel periodo di Quaresima, confezionavano questi dolci peccaminosi consentendo così ai padri predicatori di consumare carne . Un’altra versione invece le intende come biscotti da viaggio, ovvero in grado di resistere alla calura che si pativa spostandosi con i carretti. Probabilmente la verità sta nel mezzo, un pò come la virtù, e mi piace pensare che le suore le offrissero ai poveretti tramortiti dal caldo che bussavano alla porta del Convento.
Delle Impanatigghie mi sono anche fortunatamente procacciata una ricetta antica, che mia nonna conservava nel cassetto da chissà quanti anni. Non appena avrò smaltito tutto quello che ho fotografato mangiato, mi cimenterò con questa storica impresa.
E vediamo quale sventurato bussa a ‘sto Convento.