
Mi piace la buona tavola. Adoro cucinare per gli altri e anche solo per me stessa. Provo piacere mentre i cibi si trasformano sotto le mie mani e singoli ingredienti danno vita a piatti, serate, ricordi condivisi.
Per me il cibo è una cosa fondamentale, non una semplice risposta al bisogno di sazietà. Nel tempo ho imparato a mangiare con più gusto, gustare le cose buone, provare a realizzarle e godere dei buoni risultati così come sorridere di quelli meno riusciti.
Ma mi piace, mi piace sempre il momento in cui dispongo gli ingredienti di un piatto e poi lo preparo, è una cosa che riesce ad emozionarmi ogni volta.
Certo non mi emoziono ogni mattina facendo il caffè -sennò stavamo freschi- ma insomma. Il cibo. D’altronde questo è in qualche modo un foodblog, come i più arguti avranno notato.
Eppure.
Il 2011 sta per concludersi, ed io sono felice. Sono felice perché solamente adesso mi rendo conto che il 2010 è finito, andato, chiuso, superato e archiviato. Ho avuto bisogno di un anno per uscire dall’anno precedente, ho avuto bisogno di un altro lunghissimo anno per tornare a respirare e accorgermi che avevo trattenuto il fiato per un tempo infinito.
E mentre trattenevo il respiro mi sedevo a tavola e cucinavo e uscivo per cena ma non avevo poi molta fame. Ho trattenuto il respiro e ho trattenuto la voglia e mangiavo ma non con gusto, sempre attenta a non esagerare, sempre attenta a mantenere il controllo e non era mai stato il cibo il mio problema ma era diventata una fissazione, una maniera poco sana di ragionare perché il momento è stato profondamente insano.
Alla fine di questo anno mi rendo conto che posso ancora respirare, che il tempo è scivolato via e un ciclo si è chiuso e uno nuovo si apre adesso. Prendere fiato non mi è mai sembrato così bello.
Continuo a cucinare e mangiare e sognare di svegliarmi pasticcera come prima, ma incredibilmente niente è più come prima. E ho di nuovo fame che non è troppa e non è poca, mi siedo a tavola e non penso più a quello che mangio. E respiro, e sono felice. Infatti, oggi a pranzo da amici ho fatto talmente onore alla tavola che non posso pensare di accendere il forno senza un crampo di protesta allo stomaco.
Per fortuna ho in serbo una ricetta della scorsa estate, quando ho cucinato per degli amici nella splendida cucina di Tom e siamo stati bene e abbiamo mangiato bene. La torta in particolare, è stata una delle migliori che io abbia mai fatto (lo so, lo so - non sono mica Loretta Fanella purtroppo).
Naturalmente potete prepararla anche se il vostro anno è stato magnifico e i respiri non li avete contati, la ricetta è ottima e i cattivi pensieri non necessari.
Ma veniamo alla ricetta, che avevo visto sul sito di Sigrid (una garanzia).
Lavorate bene il burro con lo zucchero, poi aggiungete le uova, dopo ancora la farina con il lievito e infine i pistacchi tritati. Io li avevo lasciati piuttosto grossolani perché mi piace la loro consistenza croccante nell’impasto.
Il segreto di questo dolce è nella lavorazione dell’impasto: non abbiate fretta di buttare insieme tutti gli ingredienti ma procedete con calma. È davvero semplice, ci vuole solo un briciolo di pazienza.
A questo punto potete versare l’impasto in uno stampo a cerniera di 21 cm (così viene bella alta) disporvi le albicocche precedentemente tagliate a spicchi e spolverate con un pizzico di cannella, e ultimare con le scaglie di mandorle.
In forno a 180° per circa 50 minuti e nel dubbio affidatevi allo stuzzicadenti.
Buon Appetito, e prendetene pure la seconda fetta.
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